domenica 6 maggio 2012

IL BOLLITORE Dolore, amarezza, vuoto … questo sentiva continuamente nel cuore Elena. Ormai questo stato d’animo la accompagnava nelle giornate. Si comportava come sempre, ma il suo sempre non esisteva più. Troppi dolori si mescolavano, troppa amarezza le riempiva la bocca, troppo vuoto celava, dietro i suoi occhi verde smeraldo. Ogni sera s’addormentava guardando il cielo, mandando un fiato dolorante verso la luna, un sospiro che non aveva nemmeno la forza, di raggiungere anche solo il vetro della finestra. Ogni mattina, si svegliava , intontita dal calmante che il medico le aveva caldamente consigliato di prendere prima di dormire. Senza infilare le ciabatte scendeva in cucina e prendeva dal mobile il bollitore del latte..quello grande … quello da 4 tazze … quello era il momento nel quale Elena tornava in contatto con la realtà, il momento nel quale quel bollitore le si piantava nell’anima e le strappava il cuore dal petto. Col bollitore in mano si accasciava nella cucina vuota e in perfetto ordine, e li, le prime lacrime della giornata riempivano il suo cuore, le bagnavano gote e maglietta, il pianto a volte si faceva così ardente da bruciarle ogni piccola parte di carne e il suo corpo iniziava un convulso tremore devastante. Quel primo dolore della giornata la sfiniva, quasi a farle desiderare che già fosse di nuovo notte, che già potesse non pensare più. Stringeva al cuore il bollitore, quasi a conficcarselo nello stomaco, e il trillo della seconda sveglia le ricordava che l’ufficio attendeva. Si lavava, si vestiva e ogni giorno usciva e partiva col suo scooter verso quella nuova giornata, verso quella tortura che lentamente la straziava. Ma quella mattina, s’era subito ricordata che non l’avrebbe attesa l’ufficio, che era una mattina particolare. Non rimise a posto il bollitore, lo aprì e ci guardò dentro … e la sua mente volò lontana. “Nell’aria si sentiva un coro di bambini che cantava una tiritera, le voci riempivano l’aria mentre loro , lei e Julia, guardavano quel mercatino colorato. Avevano desiderato da tanto questo viaggio ed ora si trovavano al mercatino delle pulci di Marolles. Li, tra le innumerevoli cose che avevano visto, c’era quel bollitore, aveva un cartello scritto a mano appiccicato in un lato che diceva .”pour votre famille”. Lei e Julia s’erano guardate e poi l’avevano comprato … e chi se ne importava se avrebbero dovuto portarlo in aereo … era una di quelle emozioni che non potevano trascurare. Non aveva nulla di speciale, era d’acciaio smaltato a righe bianche, aveva il beccuccio a forma di cuore e il manico ricoperto di legno, ma era li, in quel momento e con quel cartello. Al rientro in albergo Elena aveva messo il bollitore incartato sul comodino e s’era sdraiata vicina ad Julia che era li, abbandonata, con gli occhi chiusi, un po’ stanca, un po’ in preoccupata. Aveva iniziato ad accarezzarla, dolcemente, lei, il suo amore, la sua vita, il suo “sempre”. Piano, piano, si erano rilassate, e poi dolcemente avevano fatto l’amore. Elena accarezzava il ventre di Julia, era il terzo viaggio, il terzo tentativo fiducioso di tornare a casa con una famiglia più grande. “t’ho sposata in spagna, ma ti amo ovunque!” era la frase che sempre, dopo aver fatto l’amore, Elena sussurrava a Julia. Non erano riuscite a far entrare il bollitore nel bagaglio a mano e così lo avevano infilato tra i vestiti del loro “valigione” che a Julia, gli abiti non bastavano mai. Era fatta così, dolcissima, elegante, una vera principessa, la “sua principessa” ed Elena , si emozionava ancora, dopo 8 anni, nel guardarla. Quel bollitore fu il primo oggetto ad entrare nella nuova casa, quella che al ritorno da quel viaggio Elena e Julia avevano comprato, e arredato e personalizzato con i dipinti di Elena, con quelle emozioni immortalate sui muri alle quali aveva saputo dare tonalità di colori meravigliosi. Quel bollitore aveva fatto da soprammobile per quasi 4 anni poi … poi era entrato in funzione e per 2 anni ogni mattina, aveva dato l’inizio alla vita familiare di Elena e Julia.” Quanti ricordi passavano sul fondo di quel bollitore vuoto, quanta gioia, quanto dolore ora. Elena in un moto di rabbia che le era inconsueto, scaraventò il bollitore sul pavimento, si portò le mani al volto e iniziò a gridare con quanto fiato aveva in corpo! Il suo dolore era diventato così grande che non poteva più contenerlo dentro di se, traboccava, traboccava anche dalla casa, tanto che Monica l’aveva sentita ed era accorsa. Suonava frenetica al campanello e chiamava … Elena fu scossa dalla voce di quell’amica che tanto le voleva bene, che tante lacrime in quei giorni le aveva asciugato, che c’era sempre, discreta e costante. Elena si sciacquò il viso nel lavandino, lo asciugò nell’asciugapiatti e andò ad aprire … Gli occhi dolci e pieni di lacrime di Monica le apparvero così estranei quella mattina, le disse:”tranquilla è passato …”. Monica le rispose :”Elena, non te ne andare, non uscire così dalla vita di chi ancora ti ama, non rinchiuderti nel tuo dolore da sola … noi ci siamo …”. Alle sue spalle era arrivato Adriano e tutti e due la guardavano addolorati e lei rispose:” non preoccupatevi … presto tornerò e sarà tutto come prima..” . Richiuse la porta senza aspettare che salutassero, chiuse la porta sul dolore che attraversa i cuori di chi si vuol bene. Ormai da mesi la casa di Elena, che era stata arena di giochi e risate, di gioia e felicità era silenziosa … troppo silenziosa. Elena si infilò sotto la doccia , poi si vestì lentamente, prese la cartella con i documenti, la borsa e uscì di casa. Monica e Adriano erano sull’uscio di casa loro a pochi metri di distanza… la guardarono andar via ed accennarono un saluto al quale Elena non rispose. L’avvocato l’aspettava alle 12:00 e lei era uscita di casa presto, troppo in anticipo. Allungò la strada e passò davanti alla scuola, si fermò c’era uno strano silenzio, poi si ricordò che il sabato, la scuola, rimaneva chiusa. Arrivò all’ufficio dell’avvocato e si sedette in sala d’attesa. Mentre aspettava, sentì che nell’ufficio le voci si facevano concitate, poi la porta si spalancò e una donna con un neonato in braccio uscì gridando “mai! Non sarà mai!” dietro a lei un uomo, che le gridava” vincerò io, te lo porterò via!” A queste parole Elena era scoppiata a piangere ma aveva subito ingoiato le lacrime e si era ricomposta. Dopo alcuni minuti l’avvocato la fece accomodare ed esordì dicendo:” mi spiace Signora, ma niente e nessuno potra’ garantirle il diritto che chiede”. Non esiste, non abbiamo nessun appiglio giuridico se non intentare una causa, che coinvolgerà tutti, attraverso al quale dimostrare che ci sono tracce dell’importanza che lei ha …” a questo punto Elena si era alzata in piedi e aveva esordito dicendo:”alt, stop, le ho già detto che non voglio coinvolgere i bambini … butto la spugna, mi arrendo, chiuso!” Era uscita da quell’ufficio distrutta, ma stavolta più consapevole di quello che era intenzionata a fare. Arrivata a casa tirò fuori le foto, quelle che Julia non aveva avuto il coraggio di portarle via, e iniziò quel viaggio tra i ricordi che era convinta l’avrebbe portata alla decisione giusta …”vivere o morire!”. 1° album: la conoscenza Era un meeting della Lista lesbica Italiana, Elena era stata invitata da Annalisa sua amica ed ex compagna dell’adolescenza. Le era piaciuto quell’ambiente particolare, quella manciata di donne che amavano le donne. Li arrivò Julia, avvezza a quegli incontri, conosciuta e conoscente, attesa, che non v’era ombra di dubbio che avrebbe partecipato. Quando Elena l’aveva vista era stata immediatamente attratta dalla sua immagine e quel suo modo di spostarsi i lunghi capelli dal viso, ma il colpo di grazia lo aveva ricevuto quando Julia aveva iniziato a parlare … quella voce le era arrivata al cervello e aveva messo in subbuglio il suo stomaco. A pranzo aveva cercato di sedersi vicina a lei e non le era riuscito, ma il suo sguardo ammirato aveva ormai attirato l’attenzione di Julia. Nel pomeriggio era stata Julia ad avvicinarsi, a chiederle chi era e da dove venisse e com’era finita in “quel branco di lupe!” Questa era stata la definizione data da Julia a quel gruppo di amiche. S’erano scambiate il cell. ma per una settimana non si erano sentite nonostante il pensiero di lei non avesse mai abbandonato Elena. Iniziarono a chiacchierare sempre più spesso e iniziarono pure a vedersi. Erano della stessa provincia, iniziare a frequentarsi non fu difficile. Ne seguirono tre anni di frequentazione amichevole, di impegno nelle fila della lista lesbica. Ci fu la laurea di Elena e poi quella di Julia, e fu a quel punto che Elena decise di esternare l’amore che l’aveva invasa per Julia. La invitò a cena a casa sua. Julia arrivò credendo di trovare le altre amiche , poi vide la tavola apparecchiata per due e capì al volo. Si sedette seria, senza proferir parola , anche Elena si sedette, incurante del forno acceso … e con la voce strozzata dall’emozione disse:” non so se te ne sei accorta ma … io sono innamorata di te …” E Julia aveva risposto:” no, non me n’ero accorta …” il viso di Elena si era fatto rosso , rosso … e non riusciva più a parlare”. Allora Julia aveva continuato dicendo:” non parli più? Allora parlo io … anche io sono innamorata di te, non ti eri accorta?” fu un unico sorriso, insieme si erano alzate e il bacio che ne era seguito era quello che entrambe avevano sognato da mesi. La cena si bruciò, ma era inevitabile, entrambe ardevano come fuoco cocente. 2° album la prima casa Dopo essersi frequentate per quasi due anni da fidanzate, avevano deciso di andare a vivere insieme. L’amore che passava tra loro era uno dei più belli che si potevano vedere. Sempre in armonia, sempre sorridenti e anche quando succedevano gli inevitabili screzi della vita quotidiana , loro si cercavano e si chiedevano scusa e tornavano ad essere le due compagne felici di sempre. Ed ecco sull’album le foto della prima casa, un appartamento al quinto piano, di una palazzina antica del centro. Proprio vicino al lavoro di Julia e non troppo lontano da quello di Elena. Apparve agli occhi di Elena un piccolo segno sul vetro della finestra che era stata ripresa da molto lontano … Elena staccò la foto dall’album la passò nello scanner e ingrandì l’immagine infinite volte fino a capire cosa fosse quel segno sul vetro … vide l’immagine molto sfuocata ma ricordò … ricordò che Julia aveva appiccicato al vetro un cuore rosso, perché aveva detto:”anche gli uccelli del cielo devono sapere che qui abita l’amore!”.Ancora una volta Elena si fermò a piangere..pianse su quella fotografia:”dove era finito quell’amore?” poi aveva girato pagina dicendo a se.” L’amore a volte, finisce …”. Ma se Elena aveva questa consapevolezza … cosa rendeva il suo dolore così bruciante da impedirle di vivere? Abitavano quell’appartamento quando decisero di sposarsi e partirono per il primo grande viaggio della loro famiglia. Terzo album: Spagna. Matrimonio. Era un giorno di primavera inoltrata, tutto era meraviglioso, i loro bouquet erano di mughetti e viole, i loro abiti bianchi e lunghi con una cintura di raso viola ai fianchi. C’erano i genitori di Julia e i fratelli di Elena, e al ristorante si erano sentite solo risarte e applausi. La giornata si era snodata proprio come avevano desiderato e a sera prima di dormire, Elena aveva baciato l’anello di Julia. Il ,bacio dell’anello prima del bacio della buonanotte era diventato consueto tra loro, un rito in memoria di un momento tanto importante e significativo. La loro vita era piena di “segni della memoria”, li raccoglievano e li coltivavano, erano felici, così felici da desiderare di donare la loro felicità, di rendere tangibile al mondo il loro amore e avevano così deciso, di avere un figlio. Ne avevano parlato per più di un anno e poi avevano preso contatti con “l’Associazione Famiglie Arcobaleno”. Li avevano potuto avere tantissime informazioni e si tenevano continuamente in contatto con altre coppie di genitori omosessuali. Julia aveva l’abitudine di programmare sempre tutto e il più delle volte le cose andavano esattamente come aveva pensato, ma stavolta non era andata così… 3° album – i viaggi della speranza. Furono 3 i viaggi che Elena e Julia fecero in Belgio paese nel quale avevano deciso di recarsi per l’inseminazione artificiale. La delusione dolorosa dei primi due viaggi a vuoto , non aveva scoraggiato le due aspiranti mamme che ogni volta ripartivano con più grinta e decisione. Avevano programmato anche il secondo figlio, dopo il parto di Julia, quando il bambino avesse avuto circa 2 anni avrebbero tentato il secondo figlio e a partorire questa volta sarebbe stata Elena. Tornarono a casa quella terza volta con il bollitore e due gemelli nel grembo di Julia! Già! quando lo seppero furono molto felici e quello stesso giorno, fecero una foto al ventre, ancora ovviamente piatto di Julia con il bollitore appoggiato sopra. I gemelli erano nati in una notte di pioggia torrenziale. Fuori dalla sala parto i genitori di Julia e i fratelli di Elena erano tesissimi e ansiosi. A fianco del lettino di Julia , Elena le teneva la mano e faceva la dura, mentre si sentiva le gambe tremare… Arrivò per prima Maia, le due mamme la guardarono estasiate, un ragnetto piccolo,piccolo, che loro vedevano bellissima ovviamente. Dopo 20 minuti si decise ad uscire anche Milo e Julia si distese mentre Elena si sentiva svenire. La gioia e l’emozione era fortissime, contornate dall’ostetrica che ad ogni bimbo aveva detto, volgendolo verso le due :”ti presento le tue mamme!” quante foto dei viaggi in quell’album ma quante ne erano seguite dei due piccoli tesori che erano venuti ad arricchire le loro vite. 4° album stavolta era un cd. Con scritto “immagini di famiglia!” Elena infilò il disco nel lettore e cominciò a veder scorrere nel monitor la loro vita dalla nascita dei bambini. La nuova casa, una villetta che sembrava uscire da una favola, col giardino e gli alberi da frutto, pannolini, pappe, primi passi e prime parole. Gite, giochi e compleanni. Feste con gli amici, meeting dell’associazione FA, Pride sul trenino,tutti quegli eventi di una famiglia felice. Ed ecco apparire sul monitor la foto del primo giorno al Nido di Maia e Milo, poi il primo giorno alla scuola dell’Infanzia, il primo saggio di danza di Maia, il primo tuffo in piscina di Milo. Tutto scorreva sotto gli occhi di Elena così come era scorso sotto gli occhi di chi viveva vicino a loro: una famiglia davvero felice. Si fece buio il monitor, gli occhi di Elena andarono alla cartella che aveva portato con se dall’avvocato e il vuoto, il dolore, l’amarezza ricominciarono a pugnalare il suo cuore. Una persona si era intromessa tra loro, una donna aveva rapito il cuore di Julia, e piano, piano, l’amore di Julia per Elena era svanito, finito, morto. Non ci saranno altri album a testimoniare gli eventi ma solo il dolore di Elena. Già il dolore per la fine dell’amore di Julia era stato devastante per Elena, ma quando Julia se ne era andata portando con se i bambini, mai e poi mai Elena avrebbe sospettato ciò che sarebbe successo. Da quattro mesi Julia le impediva di vedere Maia e Milo. Le aveva provate tutte Elena, il telefono, le mail, l’aveva supplicata in lacrime di non privarla di quelli che erano anche i suoi figli,e soprattutto di non privare loro del suo amore, ma Julia non sentiva ragione e questo dolore stava consumando la vita di Elena. Rimise a posto l’ album e il disco. Aveva deciso: doveva vivere e lo doveva fare anche per i suoi figli. Spalancò la finestra e lasciò entrare il sole. Ordinò una pizza per telefono, accese lo stereo e riempì la casa di musica. Guardò al bollitore, ormai inutile, lo mise sulla mensola della cucina e ci scrisse sopra con un pennarello “pour votre famille”. Elena non pensa più al passato ora, non programma un futuro, pensa solo a cosa fare per poter rivedere i suoi figli. Elena sa benissimo che nessuna legge presente oggi in Italia le riconoscerà il ben che minimo diritto, l’unica speranza è che Julia si renda conto di ciò che sta facendo. Ed io che ho raccontato, vorrei che quel bollitore tornasse a riempirsi ogni mattina. Elena non avrà modo di rivendicare i suoi diritti. Milo e Maia non hanno in italia nessuna tutela che garantisca loro il diritto di famiglia. Questa è la nostra nazione:l'Italia.