martedì 8 novembre 2011

Tu...


in punta di piedi...arrivi e bussi, non attendi risposta ed entri. Invadente dolcezza, sorriso calmo e radioso, riflessi di fiori tra la seta dei lunghi capelli, non te ne andare senza far rumore, scuoti il silenzio e zittisci il cuore, ma se resti indossa le vesti della pazienza, colora i tuoi occhi di speranza, calza gli zoccoli duri dell'attesa.

Nostalgia


Tra le pieghe del cuore vado cercando
un sentire antico e lontano,
palpiti di vita
che facean sussultare.
C'è ancora la speranza
di poter amare?

Trepidando


Oh amor così bramato,
sconosciuto e pur voluto,
cercato e pur temuto.
Riempi ancora il cuore,
risveglia ogni ardore,
che dove alberghi tu
nulla si cerchi più.
E se di passion si copre,
solo il corpo e non il core,
fa che sia solo bel ricordo,
libero da rancore.

danza con me












Prendimi dolcemente la mano
ed invitami ad un ballo armonioso.
Muovi i piedi con i miei
e reclinando il capo,
nel volteggiar leggero,
lascia che i tuoi lunghi capelli
accarezzino il mio viso.
Sfiora le mie labbra
con le tue
e allinea il tuo corpo
con il mio,
così da farmi sentire
il battito caldo
del tuo cuore nel petto.
Sollevami in alto
e lasciamo nell'aria
la scia
della nostra calda energia,
poi… posami piano…
sul letto dell'amore.

Amplesso


Chiudo gli occhi e intorno si fa il buio Sento, ma è la mia pelle ad ascoltare il tuo calore, a sentire l’emozione che mi invade come un fuoco, il tuo profumo che mi arriva allo stomaco.
Il tuo respiro si fa uno col mio,
dolcemente ti attiro con le mani sulle tue spalle e lentamente sei su di me ora il tuo ventre è sul mio mi cavalchi come un’amazzone, e quando sollevi le spalle i capelli ti accarezzano i seni , reclini all’indietro la testa mentre serri le labbra.
Le mie mani stringono i tuoi fianchi
Le gambe avvinghiate
Le labbra che bramano.
Non finire, non ora, momento sublime di unione, e le nostre voci si congiungono nel grido vibrante dei nostri corpi.
Noi… non più due ma una sola.

Lago


Grgioverde marrone.
Il colore a pelo d’acqua
sulle creste del lago
al tramonto.
Grigioverde marrone il colore
dei tuoi occhi meravigliosi…
e come il sole si specchia
all’orizzonte nell’acqua,
così io mi perdo
nella loro bellezza.
Passeggiate tra fumi di zolfo.
Mano nella mano e la gente
continua la sua strada,
nessuno ci vede, o ci nota
o ci vuol notare;
credo che ha nessuno
dispiaccia l’amore.
Mi dirigi in fondo al molo
un pianoforte suona
e la melodia
ci raggiunge da lontano.
Ti appoggi al parapetto
e ancora una volta mi baci
e li intorno la gente non
si scompone per niente.
Tra le vie abbracciate,
camminando con quell’espressione
che solo il nuovo amore ti dipinge sul viso,
incrocio gli occhi peni di terrore di ragazzino:
Ti sei perso? Non è italiano
e nemmeno il tuo tedesco capisce;
ma una cosa l’ha capita:
ci guarda negli occhi
e si fida.
Lo portiamo al sicuro
la paura passerà presto.
e di nuovo abbracciate
in mezzo alla folla
ce ne andiamo,
rivolgendo lo sguardo
a tratti al panorama
e a tratti ai nostri occhi,
perché anche noi
siamo gente normale e
il gioco del nascondino
non mi appartiene più.

Presenza


Nel silenzio risento le tue parole
e la tua assenza e colma di te.
Dentro al cuore mio
sei presente,
più presente di me.
Vola l’anima mia,
e sulle alte vette
si libra con la tua,
in una interminabile danza
dorata dal sole.
A pelo d’acqua sul mare,
rimbalza il tuo sorriso,
mentre stringo sabbia
come fosse il tuo corpo.
Tra le labbra il sapore dolce di te,
sulla pelle l’ emozione dei tuoi baci.
La brezza mi sfiora il viso
come piano, piano,
fanno le tue mani .
M’immergo nell’acqua
come nel tuo amore
E ogni parte di me ne è invasa.
Dimmi amore,
dimmi ancora una volta…
e sempre…
che è nei miei occhi
che ti perdi
e nel mio cuore
che ti ritrovi.
Ti amo.

abbracciando Ale


Sconfortata la tua anima
vaga nell’afa della desolazione,
e niente sembra distoglierla
da questa amarezza.
Lo sguardo si volge all’intorno,
mentre il cuore accelera e rallenta
al ritmo dei tuoi pensieri impauriti.
Cerchi dentro di te,
la forza per questa battaglia
che non avresti voluto…
non così… non ora.
Il desiderio di essere accolta
tra braccia forti e calde di solidarietà,
fa gridare il tuo cuore
verso chi sa,
chi può capire,
chi ti può sentire.
Vieni…
Riposati in questa stretta,
fatta di mille braccia
che ti ospitano
anche solo per un attimo
ma che ti sosterranno e
che ci saranno sempre
anche per te.

L'amore puro è quello che dona.
Che si da continuamente senza conti e misure.
L'amore puro non tiene contabilità per valutare quanto riceve.
L'amore puro ti sorride quando si sente morire dentro, se non è il momento giusto per condividere.
L'amore puro evita ciò che ti infastidisce quando dipende da lei, fa ciò che ti piace ogni volta che può.
L'amore puro ti avvolge come il calore del sole e ti riscalda nel freddo delle prove, ma sa essere fresco respiro nella pesantezza dei giorni.
L'amore puro rimane al tuo fianco, al di la di tutto, nonostante tutto.
L'amore puro si riveste continuamente di rispetto e stima, si nutre di sincerità, vive del tuo stesso respiro.
L'amore puro è raro come la perla nera, bello come un'aurora boreale ma delicato come il petalo dell'orchidea.

il sorriso.


Quest’oggi voglio scrivere
Se trovo tra i ricordi,
di tutte quelle volte
che il sorriso mi ha cambiata.
Del mio voglio cercare,
tra le pieghe del cuore,
qualche rimasuglio tenue
di colorati eventi.
Oh ecco affiorare il primo,
dolce e tremendo insieme
di quel primo sorriso che vidi
venendo al mondo,
quello di mamma mia
che ormai non posso veder più.
Ed eccone un altro lieve
far capolino in cuore
che fu quello che donai
al mio primo grande amore.
Come un frullio d’ali
di colorate e delicate farfalle
riaffiorano i ricordi
dei sorrisi elargiti ai bimbi,
che in questa vita mia,
come una cascata perenne,
coronano le giornate, le ore,
gli attimi.
Sgorga l’emozione in me
per ogni sorriso donato,
a chiunque,
ma indelebili…
e caldi…
e belli…
i ricordi dei sorrisi
ricevuti.
Ora sorridi tu,
amor mio,
al mio fianco
e mille
e mille
e mille ancora
avida ne voglio
e generosa te ne dono
e non per sempre,
ma sempre.
Sorridimi e sorrido
a questo amor tardivo,
che troppo grande è in me
il valore di un sorriso,
e tuttora mi cambia
ogni volta che lo vivo.

Emy.

mercoledì 31 agosto 2011


A mio …padre?

Claudicante cammini
vecchio e rugoso
appoggiato al bastone
come lo fosti sempre a mamma.
Le desti stipendio
regolare ogni mese,
ma mai un fiore,
un regalo,
una pur piccola attenzione.
Venivi a casa,
padrone e straniero.
Mai mi parlasti
più di un minuto
forse mai nemmeno per mezzo.
Partii da casa solo 18enne
e mai mi chiedesti
per dove,
perché,
per chi.
La mia memoria fruga,
nei cassetti più reconditi,
ma non ricorda una sola volta
in cui mi chiamasti per nome.
Chiuso una vita intera
nella tua silente indifferenza,
sotto il cappello che amavi
più della sposa, più dei figli.
T’ammiravano le mogli degli amici
per la tua chioma color del rame,
pei tuoi occhi color del cielo,
per la tua simpatia
fuori le mura domestiche…
ove pure brillavi…
si…
ma per la tua assenza.
Ora guardo nei tuoi occhi,
vecchi e stanchi, sofferenti
ed è terribile dover ammettere,
che ci leggo ancora,
tremenda,
la tua lontananza.
Emy.

sabato 27 agosto 2011

la vecchietta e la primavera


La vecchietta e la primavera.


La vecchietta si chiama Rosina.
Rosina era una ragazza molto seria e come si usava allora, modesta, riservata e schiva.
Era il 21 Marzo del 1958, e quel giorno, Rosina , compiva 25 anni.
Tornava come ogni giorno dal cotonificio, dove lavorava per 10 ore al giorno.
Era stanca, a festeggiare nemmeno ci pensava...perchè il suo pensiero era abitato da un amore grande, quanto impossibile. Le sue coetanee erano sposate da tempo, avevano già bambini, e durante il lavoro l'apostrofavano con allusioni e sottili provocazioni sulla sua "incapacità" a trovar marito e a "sistemarsi".
Ma lei, mentre l'assordante rumore del filatoio, scandiva i secondi, e le sue mani si tagliavano tirando il pettine di ferro e i fili da tagliare, ripensava agli occhi dell'amore suo, alla sua voce che non aveva mai sentita, a quegli sguardi furtivi che ogni giorno le riservava durante i dieci minuti della pausa pranzo, quasi un invito a sedersi vicina ma la regola diceva che ognuna pranzasse con la propria "squadra". Già, a quei tempi, lavorare in fabbrica era quasi come essere comprati dal datore di lavoro, si doveva sottostare ad un'infinità di regole che poco avevano a che fare con il lavoro. Era riuscita a sapere che si chiamava Linda...e come potesse essersi innamorata di lei, di una donna, ancora non riusciva a spiegarselo. Ma quando la intravvedeva all'apertura del cancello, o tra le maglie della macchina filatrice, o nei pochi minuti della pausa pranzo...il suo cuore prendeva a battere all'impazzata, dentro lo stomaco un vespaio e le mani iniziavano a tremarle. Quando poi, la osservava all'uscita della fabbrica, salire sulla sua bicicletta sgangherata e pedalare via dopo averle strizzato l'occhio, sentiva le gambe cedere, come se da un momento all'altro dovesse svenire. Rosina, ligia alle raccomandazioni materne, la domenica mattina si metteva in ghingheri ed andava a messa, che, come diceva la mamma, fuori di Messa i “giovinotti” osservavano le ragazze, e sceglievano la futura sposa. Lei però, schivava ogni sguardo, non rispondeva a nessun saluto e a testa bassa si avviava verso il cimitero. No, non era devota ai suoi morti, ma quella era la strada che Linda percorreva ogni giorno per tornare a casa...e la speranza di poterla vedere ogni domenica rimaneva delusa. Come dicevo, quel 21 Marzo al ritorno del cotonificio, Rosina sentì alle sue spalle, il cigolio inconfondibile delle pedalate di linda sul suo catorcio. Dapprima il cuore a mille poi quasi si fermò sentendosi chiamare:
"Rosina!". Si voltò e lo sguardo dolce di Linda le penetrò l'anima, le tolse quasi il respiro. Solo un "ciao" e il tempo di metterle un biglietto tra le mani, poi Linda girò la bici, e pedalò via sulla strada del cimitero. Rosina strinse tra le mani il biglietto, lo nascose in fondo alla tasca del grembiule e continuò a camminare verso casa, curva a testa bassa, quasi volesse sparire dal mondo, piena di vergogna per ciò che aveva provato davanti a quella ragazza, e la mano in tasca stringeva il biglietto nel terrore che contenesse qualcosa di tremendo e che qualcuno potesse prenderglielo e leggerlo. Arrivata a casa, in camera sua, lo trasse dalla tasca e lesse: "domenica alle 11 dietro il cimitero se ciò che ho visto nei tuoi occhi è vero. Se mi sono sbagliata, scusa." La settimana volò e ci fu il primo incontro dietro al cimitero, tra le fronde di due salici enormi. Li Rosina e Linda si conobbero, si amarono, e pure piansero insieme e sempre li, una domenica di maggio di due anni dopo, Linda chiese a Rosina di partire con lei per altri luoghi, per vivere insieme, per potersi amare.
Rosina le rispose con un sorriso": con la tua bici? Se mi vieni a prendere in macchina non faccio nemmeno le valigie e parto con te!" una macchina...figuriamoci se Linda poteva permettersi una macchina, a quei tempi. Ma...sorpresa delle sorprese, dopo circa un mese, un venerdì sera, Rosina sentì un suono di clacson fuori casa sua, si affacciò e vide Linda, giacca e pantaloni gessati, cappello bianco, appoggiata ad un bolide 600 con portiere controvento, gomito sulla portiera aperta, piede sul bordo inferiore dell'auto. Rosina arraffò quello che le riuscì, lo infilò in una grande borsa di tela a fiori e corse giù dalle scale col poco fiato che le restava. Sua madre confusa non riuscì a proferir parola e le due partirono sulla loro auto, incontro al futuro, non facile, ma tutto loro. Furono anni difficili ma pieni di amore. L'auto fu rottamata intorno all'anno '68. Linda se ne andò una decina di anni or sono ed ora i suoi incontri con Rosina avvengo dentro e non dietro un cimitero.
Vedere la stessa auto, con una ragazza che assomiglia a Linda, nel mese di Marzo, per Rosina è stata una emozione grande, ed ora si apposta, per ore ed ore, per vederla passare e fare un tuffo nei ricordi.

domenica 27 marzo 2011